Cesare Pascarella, il poeta eccellente di “Alle Loro Eccellenze”!

gen 29, 2023 No Comments by

pascarellaCari Amici della Rossa e della buona letteratura gialla,

sono piacevolmente colpita dal fatto che uno dei motivi per cui il mio Alle Loro Eccellenze risulti tanto attrattivo sia quello di aver riprodotto la lingua parlata dal popolo romano a fine Ottocento.

Per me è stata una scelta obbligata sia per motivi storici sia stilistici. Ritenevo fondamentale, infatti, rappresentare Roma come un crogiuolo di lingue, attribuendo ad ogni protagonista il suo corretto idioma, reputando altresì di forte impatto l’evidenziazione della difficoltà di interscambio culturale tra le diverse istanze che componevano la società di quel periodo.

Ecco, dunque, che l’Ispettore Carlo Alberto Ferrero parlerà in Italiano, con qualche scivolone nel suo dialetto di origine, il Piemontese; il carrettiere Alfonso si esprimerà in Ciociaro; l’anarchico Gnocchetti in Genzanese e l’agente Omero Pasquazzi in Romanesco. Le Loro Eccellenze Crispi, Zanardelli, i notabili di allora in Italiano, salvo poter godere del forte accento siciliano di Francesco Crispi nel booktrailer, ad opera dell’amico Giambi Leone che gli ha prestato la voce.

Vi segnalo una particolarità bizzarra. Quando scrissi le pagine relative a Pietro Tanlongo (il presidente della Banca Romana che cinque anni dopo lo svolgimento dei fatti del mio romanzo sarà tratto in arresto, dando inizio al controverso processo) avevo sbagliato completamente. Pur se da annoverare sicuramente tra le “Loro Eccellenze” di allora, Tanlongo era un illetterato, tanto da essere bersagliato dai vignettisti di allora, che sottolineavano la rozzezza popolana del suo interloquire. Se non avessi ulteriormente approfondito, confrontato, cercato e ricercato, avrei sbagliato uno dei personaggi chiave!

copertina-ponte-orizz1 Ma poi, si dice “lingua romana” o “lingua romanesca”?

Chiariamo subito un punto, secondo l’acuta osservazione di Fernando Ravaro, il curatore del Dizionario Romanesco, edito nel 1994. Solo per la città di Roma viene distinto, in Italiano, l’abitante della città (romano) dalla lingua parlata (romanesco) e non è chiaro quando questo aggettivo sia stato coniato per esprimere il modo di parlare degli abitanti di Roma. L’assenza di manifestazioni letterarie e la conseguente carenza di una letteratura romana/romanesca a causa della carenza di istruzione del volgo, ha fatto sì che la lingua parlata per secoli si tramandasse verbalmente di padre in figlio. Il Ravaro ci dà contezza del fatto che forse la prima espressione letteraria riferibile all’uso del linguaggio del popolo romano fosse stata introdotta da Cristoforo Castelletti nel 1585 nella commedia Le stravaganze d’Amore, in cui la fantesca Perna viene fatta esprimere con un linguaggio popolano.

L’aggettivo “romanesco” sembra essere stato coniato (o quanto meno riferito) da Giuseppe Gioachino Belli (1791-1863) il quale sostiene come quella lingua sia “… una favella tutta guasta e corrotta, una lingua, infine, non italiana e neppure romana, ma romanesca”. Ma lungi dal disprezzarla, proprio Belli ne farà uno studio sistematico dal punto di vista grammaticale e sintattico, consegnando alla storia il primo dizionario completo della lingua, nonché una produzione sterminata di sonetti, la cui stesura fu guidata dall’amore viscerale per questo tipo di espressività cruda e verace. A tale proposito, scriverà che “il romanesco tende per sua natura ad alterare il suono delle parole, allorché per ispirito di satira, in lui acutissimo, vuole rendere il senso equivoco e farlo ingiurioso.”

­­­­­­­­­­­­­­­­Non finirei MAI di parlare della mia città e la mia lingua, ma è pur vero che vi ho tediato abbastanza e dobbiamo arrivare (finalmente) al dunque: perché conformarsi a Cesare Pascarella (1858-1940) per il romanesco usato nel romanzo?

vila-glor-2Cominciamo con l’osservazione più facile, perché di tutta evidenza: la raccolta di sonetti più famosi di Pascarella “Villa Gloria” uscì proprio nello stesso arco di tempo in cui è ambientato il mio romanzo (fine 1887, inizio 1888), quando Belli era già passato a miglior vita e Carlo Alberto Salustri (Trilussa), era un giovane diciassettenne che esordiva appena sul Rugantino in dialetto romanesco, periodico diretto da Giggi Zanazzo, poeta che segue la tradizione di Belli.

rugantino

Non bastasse ciò, è proprio la genesi di “Villa Gloria” ad avere catalizzato il mio interesse. Pascarella scrive nella prefazione che ha riportato in versi la storia che gli aveva narrato uno dei “settanta del sacro drappello”, ossia uno dei settanta volontari, guidati dai due fratelli Cairoli, che la notte del 23 ottobre 1867 mossero da Monte Libretti verso la città per tentare la liberazione di Roma.

Pascarella lo aveva incontrato una sera in un’osteria di Trastevere, mentre era a cena con Luigi Arnaldo Vassallo. Conclude tale prefazione così: “Il linguaggio rozzo e sincero, umilmente grande, di quel popolano che inconsciamente dava una forma epica al racconto, destò in me tanta maraviglia che mi decisi a riprodurlo genuinamente. Ecco l’origine e la ragione di questi sonetti.

Per me è stata una folgorazione! Avevo la lingua adatta per i miei personaggi popolani, “rozza sincera e umilmente grande”, ma… c’è sempre un ma che affligge uno scrittore che voglia trasporre eventi storici in una lingua congruente: le forme diacritiche della lingua romanesca usate da Pascarella erano davvero così difformi da quelle teorizzate da Belli? E, se sì, sarebbe stato giusto “appesantire” la lettura per i non-Romani, infarcendo le frasi di apostrofi e aferesi, accenti gravi e acuti?

La sensazione che ebbi subito è che non ve ne fosse bisogno. Oramai l’accento del romanesco e la parlata sguaiata-beffarda del bullo romano sono di dominio comune, grazie a tutte le trasposizioni cinematografiche o teatrali, magnificamente recitate da artisti del calibro di Proietti, Manfredi, Sordi, Verdone, Montesano, tanto per citarne alcuni.

Potevo, dunque, conformarmi a Pascarella che aveva già elaborato un uso più moderno del romanesco scritto, approssimandolo sempre più all’Italiano, ma conservandone religiosamente le forme grammaticali tipiche (penso all’uso del congiuntivo in luogo del passato remoto, per esempio, o l’uso di gn in luogo della n ad inizio parola o il riflessivo ce invece di ci, ma non i raddoppiamenti della consonante iniziale, con i quali Belli sottolineava la forza della pronuncia di tale consonante).

Vi faccio un esempio pratico: il Sonetto I di Villa Gloria, a confronto con un sonetto del Belli, scritto il 12 novembre 1831.

I

A Terni dove fu l’appuntamento,

Righetto ce schierò in d’una pianura,

E lì ce disse: er vostro sintimento

Lo conosco e nun c’è d’avé pavura;

Però, dice, compagni! v’arimmento

Che st’impresa de noi non è sicura,

e Roma la vedremo p’un momento

Pe’ cascà morti giù sott’a le mura.

Pe’ questo, prima de pijà er fucile,

Si quarcuno de voi nun se la sente,

Lo dica e sorta fòra da le file.

Dice: nun c’è gnisuno che la pianta?

E siccome gnisuno disse gnente,

doppo pranzo partissimo in settanta.

 

A ppijà moje penzece un anno e un giorno

Io je l’avevo detto a quer bardasso:

“Sin che campa tu’ madre èssi zitello”.

Ma lui ha ttrovo un porton de trapasso,

e l’ha vorzuta fa de su’ ciarvello.

La vecchia sbuffa come un zatanasso,

la giovene tiè in culo farfarello:

E si annamo più avanti de sto passo,

Famme buciardo, qua nasce un macello.

Quella lì la vò cotta, e questa cruda:

Questa vò ignommerà? quell’antra innaspa;

E ffanno come lo strozzino e Giuda.

Se dìcheno impropèri a ttutte l’ora:

sò er cane e ‘r gatto, la lima e la raspa;

Via, quer che sse po’ dì socera e nora.

 

Grande conforto, poi, mi ha dato leggere la prefazione alla Terza edizione dei Sonetti “Villa Gloria” del Pascarella scritta da Giosuè Carducci che del poeta romanesco era grandissimo estimatore. Sentite cosa scrive: “Sonetti in dialetto romanesco, originali, – che dopo il Belli pare impossibile, – ha trovato modo di farne Cesare Pascarella. […] Non mai poesia di dialetto italiano era salita a quest’altezza. Grandissima l’arte e la potenza del Porta e del Belli, ma in una poesia che nega, deride, distrugge: classica quanto si vuole l’arte del Meli, ma fuor della vita, in un’Arcadia superiore. Scolpire l’idealità eroica degli italiani che muoiono per la patria, con la commozione d’un grande cuore di popolo, con la sincerità d’un uomo d’azione, in poesia di dialetto, nessuno l’aveva pensato, nessuno aveva sognato si potesse. Ho caro che la prova sia riuscita a questi giorni che paiono di abbassamento, e che l’abbia fatta un romano”.     

Belli il teorizzatore, Pascarella l’ideologo, Trilussa il funambolo…

Così mi piace definire i tre grandissimi, ai quali guardo con ammirazione e genetica consapevolezza. Già, perché anche mio padre scriveva deliziosi sonetti in romanesco e mia nonna prima di lui.

rugantino-receSarà per quello che sono così orgogliosa che il Rugantino, nato il 18 settembre 1887 e ancora regolarmente pubblicato ogni settimana, lo stesso Rugantino dove scrissero i grandi del Novecento, ha segnalato in quarta pagina il mio romanzo?

Grazzie de còre!!!

Letture

About the author

Monica Bartolini (Roma 1964) si afferma nel mondo della scrittura gialla con i romanzi della serie del Maresciallo Nunzio Piscopo (Interno 8 e Le geometrie dell'animo omicida, quest'ultimo finalista al Premio Tedeschi nel 2011). Nel 2010 vince il Gran Giallo Città di Cattolica per il miglior racconto italiano in ambito mystery con il racconto Cumino assassino, compreso nell'antologia 10 Piccole indagini (Delos Digital, 2020). Autrice eclettica, per I Buoni Cugini Editori pubblica nel 2016 Persistenti tracce di antichi dolori, una raffinata raccolta di racconti gialli storici che ha per filo conduttore le vicende legate al ritrovamento di alcuni reperti storici, che ancora oggi fanno bella mostra di sé nelle teche dei musei di tutto il mondo, e nel 2019 la terza investigazione del suo Maresciallo dal titolo Per interposta persona. Collabora con i siti www.thrillercafe.it e www.wlibri.com per le recensioni ed è membro dell'Associazione Piccoli Maestri - Una scuola di lettura per ragazzi e ragazze che si occupa di leggere i classici nelle scuole italiane. Bibliografia completa in www.monicabartolini.it Contatti: larossachescrivegialli@gmail.com.
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